Il Tempietto Longobardo

Il Tempietto longobardo

Gli studiosi di storia dell’arte sono divisi sulla datazione di questo monumento cividalese; tuttavia, leggendo i testi di storia dell’arte, viene il sospetto che alcuni siano condizionati dalla conoscenza superficiale del complesso (il Friuli è fuori dal circolo glorioso dell’arte italiana) o dal pregiudizio che una tal meraviglia sia ammissibile ad es. a Roma ma non a Cividale e per di più in epoca longobarda, la più rozza e infausta della luminosa storia artistica italiana.
In realtà non si tratta di opera di longobardi ed è più che probabile neppure di italici, ma piuttosto principalmente di bizantini, cioè di maestri decoratori provenienti da quell’oriente, ove, dall’inizio della persecuzione iconoclasta (726) di Leone III l’Isaurico (imperatore dal 717), la possibilità di lavoro per loro s’era molto ridotta.
Non soccorrendoci alcun documento scritto, per la datazione dell’opera occorre fare ricorso all’analisi stilistica. Terreno dei più infidi mancando per quelle epoche non solo i documenti ma anche un numero sufficiente di opere per una convincente comparazione.
Gli elementi di analisi saranno: la particolarità della tecnica costruttiva degli archi (archi ciliali e archi con bardelloni ), gli stucchi nella loro unicità, gli affreschi più antichi e le scritte. Si riscontra che le pitture si sovrappongono in certi punti agli stucchi per cui non possono che essere successive ad essi. Tuttavia le indicazioni molto variate che i critici d’arte danno e che vanno dall’ottavo al dodicesimo secolo, trovano nell’analisi delle scritte rimaste, una incisa e altre dipinte, la più convincente conferma o smentita alle ipotesi: la datazione delle scritte dipinte si colloca, secondo ad es. gli approfonditi studi paleografici del norvegese H. Torp , subito dopo la metà del secolo VIII . La costruzione sarà quindi di qualche decennio prima e cioè della prima metà dell’VIII secolo e completata nel periodo precedente la sconfitta longobarda (774) ad opera dei franchi di Carlo Magno.
Possono suscitare curiosità:
- certe somiglianze ad esempio comparando le vesti delle figure femminili del Tempietto (metà del VIII secolo) e quelle bizantine del gruppo dell’imperatrice Teodora in S. Vitale (metà del VI secolo), in particolare la resa delle pieghe, del girocollo con collana e della decorazione in fondo alla gonna, i polsini gemmati. Le due sante più esterne, sui due lati, vestono la tunica romana (palla) con sulle spalle la dalmatica;
- l’alleggerimento delle superfici esterne, con intenti decorativi come nel mausoleo di Galla Placidia, con la realizzazione degli archi ciliali ciechi ;
- la fattura dei volti delle statue secondo la tradizione classica, che le rende poco compatibili con quelle in stucco di qualche secolo successivo (vedi Ciborio di Civate, seconda metà del XI sec) trascurando i paragoni improponibili con le sculture dell’ XI e XII secolo, come ad esempio quelle in bronzo del portale di S. Zeno a Verona (XI sec.) o di quelle in pietra del Viligelmo della Cattedrale di Modena (1106) o dell’Antelami del Duomo di Parma (1178).
E tuttavia quella costruzione non fu la prima, essendosi trovate consistenti tracce di muratura precedente , e neppure è quella che ci è pervenuta dal momento che sul finire del 1222 un forte terremoto fece crollare la cupola centrale distruggendo gravemente la decorazione in stucco che interessava almeno tre lati e che è rimasta abbastanza integra e conservata su uno soltanto: quello occidentale.
L’Oratorio di Santa Maria in Valle, questo è il titolo del sacello, dovette in origine essere la cappella di palazzo della gastaldaga longobarda, questo sia perché sorgeva nell’area di quel complesso sia per spiegare il suo gran pregio artistico e probabilmente sarà stata originariamente intitolata, come d’uso, al Santo Salvatore e infatti le pitture più antiche delle pareti a Lui si riferiscono.
La struttura consiste in un vano somigliante a una croce greca con un braccio reso come un‘abside tripartita e tre bracci “atrofizzati” e che si risolvono all’interno in tre grandi archi. Uno per l’ingresso e altri due nelle pareti laterali, ciascuno con ricchissima decorazione a stucco e gemme colorate con elementi a viticcio, poggiante su due capitelli sorretti da colonne.
Sopra questi archi, su ciascuna parete, correva un cornicione decorato che reggeva delle statue femminili (quasi matroneo) intercalate con una o due finestrelle. Anche queste contornate con arco decorato, capitelli e colonnette di sostegno, e ciò, si diceva, su tre lati allo stesso modo in cui appare l’unica parete conservata e cioè la parete occidentale opposta all’iconostasi .
Le lunette sotto i grandi archi e gli spazi restanti delle pareti erano occupati da dipinti maschili, mentre all’opposto le volte del presbiterio erano ricoperte di mosaici a fondo oro di cui ci resta un misero resto; la parte inferiore delle pareti era ricoperta di lastre di marmo, nello stile che si può ancora vedere nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Costruzione alla quale, in qualche modo, il Tempietto si collega se si considerano certi particolari come si diceva: gli archi ciliali ciechi esterni, la volta interna centrale a spicchi contenuta in una costruzione parallelepipeda all’esterno.
Forse le statue saranno state impreziosite da decorazioni in lamina d’oro (difficile pensare a figure prive di colore). Un effetto ben diverso dall’attuale, che d’altra parte risente molto del riempimento dello spazio a causa del pur bellissimo coro di epoca successiva .
Ma l’intervento che maggiormente ha modificato l’iniziale aspetto è stato quello della ricostruzione dopo il terremoto del 1222, avvenuta tra l’altro anni dopo il sisma e che ha comportato una modifica anche nella volta e nel tetto, rialzati di qualche metro, oltre che nell’eliminazione della decorazione danneggiata. Nell’occasione si riintonacò l’interno e sulle pareti si dipinsero affreschi, anche in varie epoche successive.
Laddove gli affreschi più antichi erano stati coperti da altri successivi si sono, negli ultimi restauri, staccati i più recenti e posti in varie sedi (vano d’ingresso del Tempietto, Museo Cristiano e Museo Nazionale)

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Affreschi del periodo bizantino

Si tratta dell’affresco nella lunetta dell’arco d’ingresso (parete ovest), dei due santi a figura intera ai due lati e d’un altro santo nell’angolo accosto sulla parete nord. Nella lunetta l’affresco è piuttosto lacunoso e rappresenta, tra gli arcangeliMichele e Gabriele, il Cristo, che con la sinistra regge il Vangelo e alza la destra in posizione docente: è il Cristo Lògos, non dunque come sarà successivamente un Cristo giudice, ma che insegna.
L’artista lo rappresenta in modo stilizzato con il contorno degli occhi, delle sopracciglia, del naso e della bocca marcato in nero, colora il volto di verde e di ocra: colori innaturali a cui si aggiungono i capelli di un rosa inattendibile; l’occhio è spalancato, ma guarda il vuoto. Gli arcangeli, come pure i santi, indossano la clamide, che è il mantello dei militari. La loro come quella di tutte le figure è una impostazione rigidamente frontale, lo sguardo assorto entro pupille dilatate e il giallo ocra trascolorante nel verde per la resa della carnagione dei volti, le lumeggiature proposte in funzione stilistica e non naturalistica, le grandi aureole fortemente marcate sul bordo. Alcuni particolari accostano questi dipinti ai mosaici di S. Vitale di Ravenna, ma risultano di parecchio più rigidi, si direbbe “proto-bizantini”, rispetto ai coevi affreschi di S. Maria Antiqua di Roma (rappresentazione tra le più antiche di un Crocefisso con il Cristo vestito con il colobium o veste sacerdotale) e di quelli appena anteriori di S. Maria Foris Portas di Castelseprio.

Affreschi di periodi successivi

Si tratta di varie opere parte delle quali coperte, o nascoste in parte, dal coro ligneo perché ad esso precedenti. Per tutte ricorderei soltanto l’Incoronazione della Vergine di epoca tardo trecentesca piuttosto rovinata nella parte inferiore, ma ancora leggibile nella parte dei volti. Non è molto considerata forse a causa della non buona conservazione, ma la trovo interessante per il tipo di rappresentazione che troverà seguito successivamente nella scultura lignea friulana e austriaca.

Affreschi del presbiterio

Il presbiterio è formato da tre navatelle ognuna con al fondo una piccola finestra, da cui entra la luce del sole del mattino, essendo volte a est. Le volte delle piccole navate sono separate appoggiando su due architravi monolitici di spoglio, d’epoca romana, sorretti questi dal lato dell’aula da colonne binate, anche esse d’epoca precedente, e da una mensola rinforzata da una lesena appoggiata al muro. In origine decorate con mosaico presumibilmente a fondo d’oro, che all’alzata del sole avrà creato suggestivi riflessi, ora invece presentano sia la volta della navatella centrale affrescata, sia le due finestre, quella di mezzo e quella di destra, contornate di affreschi.
La volta centrale ha un affresco della fine del ‘300 che rappresenta un Cristo in gloria entro una cornice a mandorla e dei santi da un lato e nell’altro un’Adorazione dei Magi. Quest’ultima è la parte più vivace e narrativa, di derivazione genericamente postgiottesca e in particolare emiliana. È di tutta evidenza la somiglianza di stile con l’Adorazione dei Magi della chiesetta di S. Maria in Vineis di Strassoldo. Tutti i dipinti paiono della stessa epoca, ma forse non della stessa mano. Anche l’Annunciazione con l’arcangelo Gabriele e la Madonna divisi dalla finestra della navatella centrale sono del tardo trecento e di interessante fattura.

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Affreschi asportati

- Un primo affresco strappato dalla lunetta del portale della parete sud è ora conservato nel vestibolo d’ingresso (in origine sacrestia). Rappresenta su due piani e in vari riquadri scene della Creazione e della Cacciata dal paradiso tratte dalla Genesi, eccetto un’ultima scena raffigurante S. Domenico fra i santi. È opera di difficile lettura, di autore ignoto e attribuibile al periodo tra il duecento e il trecento.
- Un analogo affresco strappato dalla lunetta del portale a nord rappresentante un S. Benedetto tra i monaci è ora posto nel Museo Cristiano. Si tratta di un’opera del tardo duecento piuttosto rovinata.
- Dalla parete est è stata strappata una Crocifissione ed esposta nel vestibolo, che a differenza degli altri affreschi si presenta come un buon lavoro di artista post-giottesco della fine del XIV secolo. È opera caratterizzata da una modellazione delle figure di intensa drammaticità che si manifesta sia nei volti e sia con il particolare delle mani della Madonna.
- Ancora dalla parete sud, e ora nel Museo Cristiano, proviene un originale affresco del ‘200 che rappresenta le sante Maddalena e Sofia più in grande e frammezzo la Carità, la Speranza e la Fede sotto sembiante di vergini coronate più piccoline. Le caratteristiche iconografiche sono bizantine, ma lo stile non lo è e vengono attribuite a scuola austriaca.

Riferimenti bibliografici
1. Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli, op.cit. Fotografia di E. Ciol, p. 90
2. Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli, op.cit. Fotografia di E. Ciol, p. 53
2. Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli, op.cit. Fotografia di E. Ciol, p. 96
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